Primi anni venti di questo secolo nella «città di dio», decadente metropoli che assomiglia molto a roma.
Un uomo di circa settant'anni osserva dal settimo piano della sua palazzina le vicende dello «stradone»; I tanti personaggi che lo percorrono incarnano tutte le forme del «ristagno» della nostra società. Invecchiamento e conformismo, razzismo e sessismo, sopravvivenze popolari e «trentelli» rampanti, barbagli di verità, etnie in conflitto, il fantasma dell'integralismo islamico, la liquefazione di sinistre e destre e della classe media in un unico «grande ripieno»: nulla sfugge a questo narratore disordinato ma perspicace, che pare saper restituire meglio di chiunque - con ironia, cinismo, nostalgia, umorismo - il non senso del nostro presente.
Racconta anche, l'uomo senza nome, la propria esistenza di «novecentesco», aspirante storico dell'arte, funzionario di ministero, uomo che ha creduto nel comunismo e poi si è fatto socialista e corrotto, con i suoi amori e, oggi, l'ossessione per la vecchiaia, la malattia, la pornografia; E ricostruisce infine con documenti veri o quasi-veri la storia di un quartiere i cui abitanti, operai e proletari, per secoli e fin oltre la metà del ventesimo, hanno prodotto qui i mattoni di cui è fatta la città: il quartiere più comunista e antifascista di tutti, forse visitato da lenin - personaggio inatteso di queste pagine - nel 1908.
Lo stradone - Francesco Pecoraro
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Ponte alle Grazie, 2019
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